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Idee Salvachiappe per il Master – 6 – Spunto di Gioco

Con la collaborazione di Edoardo & Ivan: grazie dei consigli!

 Idee salvachiappe è una rubrica di contenuto esteso dedicata ai master. In questi episodi cerco di esporre alcune mie idee sull’arte del mastering, senza troppe pretese: ho pubblicato un resoconto dei primi episodi e del futuro della rubrica a metà maggio, vi consiglio di recuperarlo. Questo sesto appuntamento non riguarda una tecnica, quanto una riflessione su fictionstory e spunto di gioco (non per semplice campagne o avventure) che sta proprio sulla china tra l’essere un Master e l’essere un Game Designer. Ecco i link agli episodi precedenti:

  1. Backgrounds 
  2. In Game
  3. Lacune
  4. Struttura
  5. Esempio

Una “idea salvachiappa” diversa dal solito

Questa volta voglio impostare il mio intervento in modo diverso dai precedenti. Per due motivi. Sono passati molti mesi dal post Esempio e il mio approccio come Narratore e GM è cambiato, si è evoluto. Ergo, mi sono accorto di non poter scrivere Fiction così come ho scritto le altre Idee Salvachiappe. Ma il più importante (e secondo) motivo è che Idee Salvachiappe diventerà una rubrica più spiccia, pragmatica e concreta. Dunque Fiction deve funzionare anche come ponte tra la “vecchia rubrica” e la nuova sua incarnazione; per questo ho deciso anche di cambiare il nome dell’episodio da Fiction Spunto: la seconda parola è il risultato di un lungo e complesso ragionamento che spero di riproporvi in maniera chiara.

Ho cambiato anche il mio approccio di preparazione: se, specialmente per In GameLacune avevo introdotto mie teorie e impressioni, con Fiction varcherò il divario tra Narratore e game designer ed è stato dunque necessario approfondire certi argomenti studiando qualche scritto altrui. Mi riferisco anche a coloro che iniziano ora il proprio cammino verso la creazione di un gdr: leggete molto. Leggete tutto ciò che trovate sul game design – non che sia tutto utile, ma almeno vi farete una panoramica e avrete una impresso dello status dei lavori nel nostro campo.

Questo post parlerà anche di questo nel finale, tramite una personale previsione di come sarà il mondo dei gdr nel prossimo futuro. Una sorta di analisi su dove andremo a finire con i nostri amati giochi, che siano di grandi o piccole etichette non conta. Tengo a precisare dunque che, nonostante certi elementi oggettivi, questo post è un flusso di coscienza piuttosto che un saggio: serve a stimolare una riflessione, una discussione, pubblica e privata, a creare un punto di partenza per nuove idee!

A cosa mi serve capire la fiction?

Già, Master e Narratori. A cosa ci serve capire la parola fiction? Di solito per gestire un tavolo di gdr si parla di storia e di persone, di come gestire i giocatori e di come strutturare parti di un’avventura o una singola sessione di gioco. Alcune persone preferiscono di fornire consigli solo sulla base di esempi di gioco (e l’esperienza può essere sia buona che cattiva maestra), mentre altri sperano di risolvere la questione solo su un livello teorico (scoprendo poi al tavolo che, ugh, non funziona nulla – un sentimento che accomuna già di per sé Master e game designer): in realtà la parola fiction ci porta sull’orlo tra questi due comportamenti.

Il fatto che si stia usando la parola fiction non significa che (a) ci addentreremo solo in ambito teorico, (b) useremo solo elementi empirici di gioco e/o (c) che stiamo sfruttando teorie di un certo tipo. Stiamo cercando di capire qualcosa che a volte ci sfugge alla comprensione e che è mio parere riguardi sia gioco concreto, sia teoria astratta. Infatti entrambe le cose servono per svolgere la propria funzione di Master/Narratore al meglio: da un lato è teoricamente corretto affermare che bisogna appassionarsi alla storia e divertirsi a masterare, dall’altro bisogna fare i conti con il livello concreto di giocatori che si divertono a muovere i loro personaggi. Insomma, c’è ciò che avviene al tavolo e ciò che avviene oltre il tavolo ed entrambe le dimensioni ci interessano.

Quindi, estrapoliamo da questo passaggio due informazioni di base:

  • a livello teorico la fiction è identificabile come ciò che i giocatori creano al tavolo giocando, inclusi anche i Master/Narratori;
  • a livello pratico è fiction dire “uso Forza per stenderlo al tappeto o almeno tentarci” oppure “se Thydir scassina la serratura, io faccio il palo“.

Qui si apre il primo abisso di stravolgimento delle nostre certezze: ma fiction non significa storia? Non è purtroppo così semplice…

La Fiction non è la Story

La parola fiction è ormai diventata abbastanza famosa o famigerata nell’ambito dei gdr. Da un lato abbiamo persone che abusano di questo termine, dall’altro abbiamo giocatori o master che velatamente vi fanno riferimento – a volte senza neanche saperlo. La parola era però stata abbondantemente discussa in narrativa e letteratura: infatti, per il mercato americano una fiction rappresenta una lettura amena, di genere, minore oppure di fantasia. Fiction sembrerebbe essere dunque sinonimo di letteratura di genere.

Partiamo da una analisi base del concetto, dunque. Fiction è una parola che gente nerd come noi conosce per due motivi: fa parte della denominazione del genere della fantascienza americano, science fiction; sta su una carta di Magic abbastanza famosa, Fact or Fiction (una terza possibilità meno nerd è che a qualcuno venga in mente Pulp Fiction, ma sto esagerando). Però la parola della carta di Magic è tradotta come finzione, non con una attinenza all’atto di narrare. Fiction è ciò che è “finto”, o meglio “non reale”: fantastico.

La Fiction sembrerebbe dunque essere ciò che si costruisce al tavolo, come ad indicare tutti gli eventi di una performance di teatro d’improvvisazione, laddove la parola story indica invece solo il livello diegetico (cioè il livello del racconto) di quella stessa performance. Dunque se la fiction non equivale alla story… come traduciamo la parola? In Italia, il manuale di retorica di Wayne Booth (Rethoric of Fiction) fu tradotto con Retorica della Narrazione ed effettivamente potrebbe essere utile chiamare la parola fiction in italiano con quel termine, benché si perda parte della semantica del lemma.

In realtà, capire come tradurre questa parola non mi interessa. Ciò che vorrei chiarire e me e a voi è cosa si intenda per fiction e cosa, invece, per story.

Fiction-driven e Story-driven

Moltissimi giochi di ruolo su Kickstarter si vedono con dei tag ormai entrati nella storia: fast-paced (ritmo veloce), easy to learnquick prep e il sempre più stravagante, mal interpretato e misterioso story-driven. Cos’è un gioco di ruolo story-driven? È difficile dare una risposta certa, perché alcuni pensano che story-driven (o story-focused) significhi libertà assoluta di azione, mentre altri pensano ad un gioco in cui la storia viene messa al centro dell’attenzione, in contrapposizione ai personaggi (che creerebbero un gioco character-driven). Benché io abbia cercato parecchio nei precedenti mesi, non ho trovato una vera risposta su cosa significhi un gioco story-driven per i giochi di ruolo cartacei. Per i videogame è più semplice definirlo, perché rappresenta un prodotto che si focalizza sulla storia e sull’appassionarsi ad essa; ma per i gdr è più complesso.

Così mi sono fatto una mia idea: a mio parere chi cerca un gioco story-driven è interessato al qui e ora del gioco, di modo che ciò che si racconta al tavolo (fiction) non si metta in mezzo al fluire delle regole – e anzi, lo sostenga. Vale a dire che è interessato ad un gioco in cui le azioni dei personaggi vengono espresse liberamente dai giocatori e hanno valore nello stabilire cosa accade poi. Ciò traspare anche dalle spiegazioni dei giochi di ruolo su Kickstarter che fanno riferimento alla parola story-driven.
Ma a questo punto… non si dovrebbero chiamare fiction-driven? Non saprei, in realtà; ma credo anche la parola fiction spaventi molto le persone e per questo non venga usata. Fiction è ciò che viene creato al tavolo, ma non è la storia intesa come racconto degli eventi. È narrazione fittizia, ovvero storia in fieri; la storia è invece struttura narrazione, è più complessa.

Da un lato dunque abbiamo tutto un mondo a cui parola fiction rimanda che molti giocatori non sopportano, che però trasmette bene l’idea di ciò che avviene al tavolo da gioco. Dall’altro la parola story traduce in modo semplice ai giocatori (che sono compratori in fin dei conti) ciò che andremo a giocare, senza bisogno di perdersi in parole con troppe sovrapposizioni di significati (fiction ne ha almeno due). Visto così, da un punto di vista lessicale, sembrerebbe che il problema non sussista; ovvero che le persone utilizzino fiction e story come sinonimi: l’uno per il mondo della teoria e il secondo per quello pratico.

Eppure mi sono dovuto ricredere sulla mia pelle. A dispetto del bisticcio linguistico, fictionstory mi appaiono sempre di più come due caratteri entrambi compresenti nel gioco di ruolo. Ecco perché.

Un esempio pratico sulla mia pelle

Ok, devo ricompensarvi. Se siete giunti fin qui avete davvero voglia di leggere questo enorme tl; dr. Dunque, esempio di quale sia la differenza che vedo, personalmente, tra una fiction e una story.

Era una serata di gioco molto tranquillo a D&D 3.5 all’epoca. C’era il classico barbaro che menava fendenti con la propria spada. Ora, il suo giocatore era molto bravo: descriveva al meglio i propri fendenti, ragionava molto su come menare il nemico… finché lui stesso disse una cosa che mi lasciò perplesso.

“Caspita, ho solo 1 Punto Vita. I miei muscoli saranno doloranti… Non farò un fendente, meglio che io sfrutti un approccio più rabbioso, mi butto semplicemente addosso al nemico e cerco di atterrarlo”.

Sorpassando gli eventuali dubbi che voi stessi avrete nell’associare il ragionamento al fatto che il personaggio era un barbaro, passiamo a quanto mi frullò nella testa la sera stessa, una volta a letto. Che diamine era quanto avevo visto? Era una interpretazione degli eventi che stavano avvenendo al tavolo? Vale a dire: il giocatore pensava a quanto aveva già descritto e vissuto con il personaggio e a come poteva continuare in futuro? Non c’erano situazioni in cui un compagno era gravemente ferito e quindi la sua rabbia era giustificata da quello; piuttosto era un ragionamento, il suo, per trovare una sorta di compromesso tra due elementi:

  • il fatto di essere un Barbaro e quindi di non poter desistere nonostante un ostacolo;
  • la ricerca di un certo realismo che per lui era importante o, forse, era logico.

Questa logicità derivava forse dal ragionare su una serie di caratteristiche della finzione a cui partecipava, tesa a giocare in modo realistico l’avventura. Come se di fronte a lui ci fossero una serie di puntini da unire e nulla di più (per comodità lo chiamerò combinazione). Qualche sera dopo lo rividi e chiesi spiegazioni in merito e lui disse: “non saprei, diciamo che lì per lì era assurdo che il mio PG, che non è che ha una forza enorme, avesse ancora in mano uno spadone così pesante con tante ferite alle braccia che aveva subito per proteggere il ranger”. Ecco che qui la spiegazione però cambia.

Questa volta non sembravano una serie di puntini. Non c’erano X dati (Punti Vita + Barbaro + Azione + Spadone) da unire e capirne il risultato. C’era una persona che ragionava su qualcosa di diverso, ragionava sulle motivazioni che lo avevano portato lì (per comodità è scelta), in quell’istante, a decidere cosa fare di fronte al goblin di turno (sì, il mio D&D 3.5 era spesso un triste incontro di goblin). In altre parole, era come si era giunti in quel punto ad aver determinato, per lui, come agire. Forse i puntini erano quindi un semplice ostacolo e il giocatore aveva già nella sua mente valutato come avrebbe agito? Non lo so. So solo che fu importante la frase successiva, una frase che per anni mi è rimasta in testa.

“Poi, sai com’è, senza più la possibilità dell’ira, i goblin erano troppi, c’era il chierico ferito. Insomma, non sapevo che cosa fare per andare avanti così mi sono sacrificato per il gruppo”.

Fiction e Story: cosa li accomuna?

L’esempio che ho portato alla vostra attenzione mi ricorda un ulteriore evento che è successo al mio tavolo, più volte anch’essa. Giocando a Le Notti di Nibiru alcuni betatester mi hanno chiesto, dopo aver riflettuto su ciò che era appena successo, cosa si poteva fare ora. La domanda riguardava non tanto il sistema e il regolamento, quanto come in contatto con un determinato PNG (cioè che scelta compiere a livello razionale) e come ottenere determinati legami nella storia; mi si chiedeva cioè come potevamo regolamentare certi eventi a lungo termine. Certo, anche qui voi mi direte che è un problema di non conoscenza del sistema, essendo un gioco “nuovo” e che alcuni non conoscono bene – ma io dubito che sia solo quello.

Forse era anche l’intento di capire fino a quanto ci si può spingere, ovvero: “so cosa vorrei fare, ma non so come” (non so quali combinazionsono legali). Ma l’accento era posto piuttosto sul lungo termine: “avrò modo di portare con me quel PNG?” oppure “è possibile che in futuro avvenga questo?”.

È mio parere che sceltacombinazione siano i punti giusti da cui vedere ciò che è fiction e ciò che è story al tavolo. Quando un giocatore sta ragionando su come agire, se uccidere il proprio nemico o risparmiarlo oppure come rubare il gioiello della marchesa, allora siamo su un piano di story: coinvolge cioè la struttura dell’avventura per come è stata giocata e da dove vengono i personaggi e le loro motivazioni. Quando, invece, c’è un ragionamento sulla combinazione di capacità/elementi del personaggio da utilizzare, allora lì siamo nel regno della fiction pura. Si sta cioè valutando il qui e ora e non solo per motivi di realismo, ma per una certa focalizzazione sul come andrà a finire l’azione.

Detto in altri termini e in breve, per me:

  • Story = è ciò che giochi quando pensi diacronicamente (attraverso il tempo) a ciò che giochi, cioè non solo a ciò che fai ora ma anche perché lo fai, in base al passato e al futuro dell’avventura;
  • Fiction = è ciò che giochi mentre pensi sincronicamente (a prescindere dalla dimensione temporale) al gioco che stai facendo, cercando la motivazione sulla base di dati che ora ti sono forniti o accessibili.

Ecco dunque che, personalmente, mi è chiaro cosa ci sia che accomuna una visione fiction-oriented del gioco (ragionare su cosa si può e non si può fare per come si è messi) e story-oriented (ragionare su cosa si può e non si può fare per come si è giunti fin qui). Tutto si riduce ad una sola frase, la stessa di sopra: come si va avanti? Come si procede una volta stabilito come agire? Il mio giocatore di D&D 3.5 ragionava su alcuni dati concreti appunto per capire come procedere, per avere un’idea su come gli eventi sarebbero andati nel corso della campagna. L’altro giocatore, quelli di Nibiru, era invece più intenzionato ad avere uno spunto sulla struttura con cui determinati eventi sarebbero avvenuti.

Ecco cosa accomuna il gioco fiction-oriented e lo story-oriented: ciò che cerchiamo, come Master/Narratori, ma anche come giocatori, è capire come andranno le cose. Tutti questi giochi di ruolo su Kickstarter stressano la parola story-driven per indicare il fatto che gli eventi non mettono i bastoni tra le ruote al sistema, ma è esattamente come dire che il gioco non si inceppa perché la storia viene prima. Solo che con la distinzione fiction/story le cose si complicano – ma per me, invece, si chiariscono sempre più.

Conclusione: è lo spunto di gioco quel che conta

Ed eccoci arrivati alla fine di questo lungo e faticoso articolo. Anche per me è un parto, tra l’altro incerto: non sono convinto che quanto io abbia detto sia vero. Anzi, sono tutte riflessioni quasi fatte ad alta voce. Questo perché, rispetto alle prime Idee Salvachiappe, le ultime sono ancora in fase di test.

Eppure sono sempre più convinto che il futuro dei giochi di ruolo non sia né fiction, né story: il futuro è tutto nello spunto di gioco, e non mi riferisco (solo) a spunti avventura o per campagne. Sto parlando di strumenti per sbloccare gli eventi, per non complicarli: per condurli avanti, ovunque essi vogliano andare. Abbiamo già dei gdr che si focalizzano sul fornire delle risposte dirette, che agiscono cioè come un motore che spinge in avanti gli eventi del tavolo (fiction story che siano). E ci sono anche avventure che si concentrano non più sul fornire una dettagliata rete di dettagliati personaggi, luoghi ed eventi, ma piuttosto una serie di spunti su come risolvere il vagare erratico (la libertà d’azione) dei personaggi/giocatori. Se così davvero fosse, allora potremmo senza dubbio dire che è un’epoca d’oro per essere Master/Narratori o per diventarlo: avremo finalmente dei giochi che, scevri da pressapochismi o teorie asettiche, ci forniranno strumenti-spunto per non bloccarci, per avanzare, per continuare a vivere l’avventura qualsiasi cosa accada – ed è un po’ anche quello che mi sono proposto, nel mio piccolo, con Le Notti di Nibiru (a livello di ambientazione) e che caratterizza i gdr che preferisco degli ultimi tempi.


Fonti

Di SpiritoGiovane

Daniele, a.k.a. Spirito Giovane, aspirante game designer e scrittore. Ha una tonnellata di altri interessi, come romanzi di genere, cinematografia, serialità televisiva, fumetti e fotografia di panorami (e troppo poco tempo per curarli tutti quanti). Nel 2014 ha fondato Storie di Ruolo per condividere i suoi sbagliati pensieri sui giochi di ruolo e sulla teoria dei gdr. Col tempo il blog si è ampliato, includendo anche interviste a eminenze dell'ambito gdr e news variegate.

2 risposte su “Idee Salvachiappe per il Master – 6 – Spunto di Gioco”

Ma funzionano i commenti?

Trovo l’articolo interessante ma difficile. Il problema fondamentale è che story e fiction sono parole che da noi non hanno alcun significato. La traduzione che ne portiamo non è del tutto esatta (storia e finzione) e le definizioni aiutano poco. Ora, assodato che quasi nessuno userà questi termini come tu li hai descritti, stabilito che:
Story => Decido le mie azioni in base a ciò che è successo nella storia
Fiction => Decido le mie azioni in base a… qualcosa che avviene adesso (almeno così mi pare di aver capito)
Come intendi usare dette definizioni?

Ciao 🙂

Ciao Redragon! Perdonaci ma il periodo pre-Lucca è stato intenso e ricco di eventi, ho notato il tuo commento solo ora ma rispondo subito.

Story e Fiction da noi hanno significato, ma non quello americano. La traduzione o l’adattamento dei termini può dare problemi, specie quando si pensa alla parola “fiction”.

Quanto all’utilizzo, esse sono utili per inquadrare un problema di fondo: non è tanto il giocare in fiction (cioè descrivendo l’azione che compio) o in story (cioè narrando gli eventi futuri o passati in modo strutturale) che forniscono problemi, quanto confondere i due termini. In futuro userò queste due definizioni, come ho già fatto in questo post, per identificare una nuova fase dei giochi di ruolo che a mio parere abbandona il discorso story/fiction a favore di una impostazione a spunto di gioco – già alcuni GDR come “Le Notti di Nibiru”, ma anche “Adventures in Middle Earth”, cercano di farlo a mio parere, dando al Master/Narratore elementi che possono usare per colmare lacune di gioco e proseguire con la storia.

Quanto all’utilizzo in sé, intendo al tavolo, farò un post su come questa definizione tra story/fiction mi abbia aiutato a ridurre i lanci di dado a favore di una assenza di lanci inutili o superflui, come il classico “Tira Percezione”: anche qui non è tanto la distinzione tra task e conflict resolution (che a mio parere sono paralleli ai concetti di story e fiction) ad essere il problema, quanto domandarsi dove porterà quel tiro e si mi aiuta a stabilire (a) un apporto diretto alla descrizione (a.k.a. fornisce spunti di fiction) o (b) un apporto alla struttura della storia (a.k.a. fornisce spunti di story).

Ammetto che questo post e questo commento sono più tecnici di quanto io voglia in futuro essere, infatti i prossimi post di Idee Salvachiappe, pur tenendo conto di quanto detto, saranno più mirati e concreti, assumendo un po’ l’aspetto del “problema tecnico della settimana”.

Spero di essere stato chiaro!

– SpiritoGiovane

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