Categorie
Editoriali Esperienze

Ceci n’est pas un Avocado

avocado che balla.

Questo non è un avocado. Davvero, non lo è. È la somma del marketing e della percezione culturale che l’avocado ha acquisito negli ultimi anni: il morbido e giocoso frutto del miracoloso albero del burro salutare.

Questo, invece, è un modulo avventura dell’ultima edizione di Dungeons and Dragons. Scrivendo per un blog di giochi di ruolo, daremo anche per scontato che tutti abbiate una certa familiarità con il concetto.

Dragon Heist il frutto dei Dragoni

Ma  cosa hanno in comune? Che ruolo ricoprono nel nostro modo di consumare, cibo o materiale di intrattenimento ludico che sia? Quali sono gli aspetti economici e culturali che ne caratterizzano l’utilizzo?
Di questo e molto altro parleremo in questo pretenziosissimo articolo che non si vergogna affatto di tirare un’analogia ben oltre il punto di rottura. 

C’era una volta una Convention

Se siete sopravvissuti all’introduzione, ho una buona notizia per voi: probabilmente vi piacerà quello che leggerete da qui in avanti.

Il primo weekend di Settembre Edoardo e Vanessa hanno atteso a GnoccoCon, una convention dedicata al gioco di ruolo in provincia di Reggio Emilia che si trasforma puntualmente in un attentato al colesterolo tra gnocco fritto, chizze ed erbazzone. È anche un punto di incontro per tanti giocatori e giocatrici che, mai come in questi tempi, si rivedono e possono giocare dal vivo dopo mesi di contatti online. 

Parlo di GnoccoCon perché credo che l’evento sia ritrovo di un’altissima percentuale di Bravi GiocatoriSono abbastanza restio a parlare senza contesto di “bravi giocatori di ruolo” perché credo che sia uno di quei concetti facilmente fraintendibili, quindi cercherò di fornire gli elementi necessari per proseguire.

Per me, un bravo giocatore di ruolo:

  • Esiste, in quanto giocare di ruolo è un’attività che beneficia dall’esperienza, dal proprio estro e dalle proprie capacità di relazione, pertanto è possibile essere bravi nel farlo.
  • Viene valutato soggettivamente, nel senso che quello che per me è un “bravo giocatore” potrebbe non esserlo per voi, o almeno potrebbe variare un po’. Giochi e giocatori diversi richiedono competenze diverse, quindi credo dipenda molto dalle proprie abitudini e dai giri di persone con cui giocate.

Se non riuscite a relazionarvi con i punti di cui sopra vi suggerisco di passare direttamente al paragrafo in cui parliamo di avocado, perché altrimenti per voi il ragionamento avrebbe ancora meno senso di quello che ha.

Se invece volete sapere cosa, per me, è un buon giocatore di ruolo, vi cito la definizione data da Daniele di Rubbo del podcast Geecko On The Air.

Il giocatore si è sforzato di capire le regole, e di usarle al meglio? È stato di supporto agli altri giocatori più in difficoltà?

Il giocatore si è sforzato di essere attivo, fornendo idee sue e costruendo sulle idee altrui? È stato apprezzato al tavolo per quello che ha introdotto in gioco (la proverbiale “fan mail”)?

Il giocatore è stato una persona piacevole con cui giocare? È stato, generalmente parlando, una persona simpatica e gradevole? Ha lasciato agli altri i loro spazi, incentivandoli a partecipare, anziché prevaricarli? È una persona con la quale sarebbe bello giocare ancora?

La copertina di Bleak Spirit
Io e Daniele Di Rubbo abbiamo giocato a Bleak Spirits a GnoccoCon – ovviamente non abbiamo foto. Mi preme sottolineare che Daniele, quando abbiamo giocato assieme, si è sempre mostrato un buon giocatore secondo la sua stessa definizione.

Per un pugno di Dragoni

GnoccoCon, come tutte le Convention, è finita troppo presto e mi ha lasciato a un brusco ritorno con il quotidiano. Fortunatamente giocare di ruolo può proseguire, così dopo aver superato i primi giorni colmi di stanchezza e mancanza di serotonina ho potuto rimettermi al tavolo masterando una campagna casalinga di Dragon Heist: Il Furto dei Dragoni assieme ai miei amici storici.

Chi è stato ad almeno una Convention di gioco di ruolo indie può già percepire la dicotomia. Dopo un weekend all’insegna del gioco di ruolo senza master, senza dadi, senza trama prestabilita e pensato per spingere al massimo i contributi dei giocatori all’interno di quello che si gioca, sono passato a fare da Dungeon Master al gioco mainstream per eccellenza, per di più con un modulo avventura prefatto.

Ciononostante, la mia partita di Dungeons & Dragons di mercoledì sera è stata molto soddisfacente per i criteri di questo particolare tavolo da gioco. Tutti hanno avuto modo di essere protagonisti e rendere le proprie azioni rilevanti, è c’è stato modo di costruire sui precedenti in-joke della campagna per crearne degli altri. Di conseguenza, ho deciso di aprire il mio giovedì mattina in questo modo:

Uno screen di Telegram
“Quanto giochiamo a D&D con un modulo avventura, dovremmo trattarlo come se fosse un ulteriore giocatore che da spunti al tavolo”

Da lì è seguita una discussione che poi è il motivo per cui è nato questo articolo. Nei paragrafi seguenti cercherò di esporre il ragionamento sviluppatosi, provando a renderlo più lineare e comprensibile rispetto ad una chat Telegram.

Ammesso che Dragon Heist sia un giocatore, è un bravo giocatore?

Secondo la valutazione di cui sopra, credo che lo sia. Ma vediamolo assieme.

Il giocatore si è sforzato di capire le regole, e di usarle al meglio? È stato di supporto agli altri giocatori più in difficoltà?

Waterdeep Dragon Heist è un modulo ufficiale di gioco che si costruisce con elementi abbastanza standard e senza sovrastrutture particolari: in questo senso rispetta le regole e le usa al meglio. Per quando riguarda la seconda parte della risposta, durante la campagna è successo spesso che noi giocatori (sia PG che io come Dungeon Master) avessimo domande a cui abbiamo trovato risposta nel libro. Quindi sì, è stato di supporto.

Il giocatore si è sforzato di essere attivo, fornendo idee sue e costruendo sulle idee altrui? È stato apprezzato al tavolo per quello che ha introdotto in gioco?

Iniziamo dalla seconda: abbiamo apprezzato gran parte degli spunti della campagna, quindi la risposta è sì. Quanto alla prima, è complicato: il modulo fornisce una tonnellata di spunti e anche qualche indicazione su come reagire alle iniziative del gruppo (quindi costruendo sulle idee altrui), ma ovviamente soffre il limite di essere un libro e non una persona in carne ed ossa. Azzarderei un mezzo punto, siete liberi di pensare che io stia portando acqua al mio mulino perché lo sto facendo: saprò redimermi con il prossimo paragrafo che è essenzialmente dedicato a questo.

Il giocatore è stato una persona piacevole con cui giocare? È stato, generalmente parlando, una persona simpatica e gradevole? Ha lasciato agli altri i loro spazi, incentivandoli a partecipare, anziché prevaricarli? È una persona con la quale sarebbe bello giocare ancora?

Credo che la risposta qui sia sì a tutto. Il modulo ci piace, ha uno stile e un umorismo che risuona bene con il nostro ed è molto generoso nel lasciare spazio ai giocatori.

In conclusione, sì: Dragon Heist ha tutte le caratteristiche per essere un buon giocatore.

Sospetto che non tutti i moduli avventura condividano la caratteristica, qualora la cosa fosse di interesse vi parlerò di quelli che posseggo e/o ho giocato.

Dragon Heist è effettivamente un giocatore?

Qui le cose necessariamente si complicano, in una serie di premesse ed astrazioni che cercherò di illustrare al meglio.

In primo luogo, dobbiamo vedere il giocatore ad un tavolo di gioco di ruolo come *inhales*

un’entità di qualche tipo che introduce elementi nel mondo di gioco su cui gli altri giocatori possono a loro volta costruire i propri contributi narrativi.

*exhales* Che pippone. E dire che è tutta farina del mio sacco, non sto manco citando qualcuno di autorevole.
Provo a dirlo in una lingua “normale”: io come giocatore dico cose che contribuiscono al mondo di gioco in qualche modo.

Corollario fondamentale è cosa gli altri giocatori fanno di questi elementi, ovvero come si relazionano alle cose che dicono gli altri.
In generale, possono:

  1. Prendere quanto detto e trasformarlo in qualche modo
  2. Prendere per buono quanto detto senza modifiche, rendendolo una premessa
  3. Ignorare l’elemento introdotto, che di fatto fa parte del mondo di gioco ma viene poi ignorato e con il tempo probabilmente dimenticato

In secondo luogo, andiamo a vedere quali sono gli elementi costitutivi di un modulo avventura per macrocategorie. Premetto che questa tassonomia è utile solo per il seguente discorso e non ha alcuna altra pretesa (anzi, probabilmente non è nemmeno la più adatta per il discorso).

Un modulo avventura contiene:

  1. Un atlante di location, spesso corredato da indicazioni appartenenti agli altri punti.
  2. Un cast di personaggi non giocanti,
  3. Un bestiario di incontri per i combattimenti.
  4. Uno “schema di trama” in sezioni e moduli che il GM può seguire. 
  5. Un “gancio” iniziale iniziale per introdurre i personaggi.

Prendendo questi punti qui sopra, voglio fare un paio di osservazioni – che poi è una sola. In primo luogo, ognuna di queste categorie non è esclusivo appannaggio dell’avventura, ma in misura diversa è qualcosa che può nascere anche da un contributo di un giocatore. In secondo luogo, anche gli elementi del modulo vengono trattati come quelli di un giocatore: possono essere usati senza modifiche, usati con qualche reinterpretazione, oppure non essere utilizzati affatto.

In Dungeons&Dragons il processo passa tradizionalmente dalla figura del Dungeon Master, ma qui entriamo nel reame del come piuttosto che del cosa, il che va oltre la nostra trattazione. Soprattutto, questo vale sia per quello che dicono i giocatori che per quello che c’è scritto nel modulo avventura.

Quindi per concludere: sì, credo che si possa vedere un modulo avventura e gli spunti che suggerisce alla pari di un giocatore.

Ma cosa c’entrano gli Avocado?

Mentre discutevamo di questo volo pindarico, è successo questo:

Francesco propone correlazione tra moduli avventura e avocado

Quindi non mi resta che passare la parola a Francesco per completare il suo pezzo di metafora. Vai Francesco!

Uhm… ok?

Voglio dire, non è che ci sia molto da discutere. Se avete un’idea del tipo di effetti ambientali (dovuti alla richiesta d’acqua enorme delle piante su cui crescono) e politico-economici (tassazione ed accordi economici che favoriscono la malavita della droga) che la coltivazione intensiva di avocado sta avendo in Sud America (Messico in particolare) siete a metà strada. 

Perché paragonarlo alle avventure nel gioco di ruolo? Le avventure sono spesso fantastici prodotti: ricche di ispirazioni, con storyline complesse e opportunità di gioco notevoli… proprio come il popolarissimo avocado, che gode di un’immagine mediatica invidiabile: goloso, fresco, esotico, carino, morbido. Le ha un po’ tutte.

Detto ciò i manuali di avventura mi hanno sempre lasciato perplesso. Ne capisco la funzione economica e riconosco l’abilità di confezionamento da parte di autori ed editori, dopotutto la richiesta di contenuti di gioco è sempre altissima. Comprendo anche il tipo di cultura di gioco che le rende strumenti utilissimi, se non fondamentali, ad un game master tradizionale, che con una lettura relativamente breve ed una preparazione minima riesce a riempire parecchi appuntamenti di gioco a colpo quasi sicuro. 

Al di fuori di quella comunità viene da domandarsi quanto siano utili le avventure e se non sarebbe maggiormente auspicabile puntare su giochi completi, che sfruttino regole specifiche per i contenuti trattati. Il discorso è sempre lo stesso, in fondo: regole specifiche e focalizzate portano ad esperienze altrettanto specifiche e focalizzate, regole generiche portano a risultati generici. Aggiungete la possibilità di strumenti specifici per la creazione e lo stesso livello di scrittura e io non avrei dubbi su cosa scegliere.

L’avventura avocado, insomma, è perfettamente valida in sé (datemi un sacchetto di nachos e una ciotola di guac e mi farete un bambino felice), ma la sensazione che si stiano spendendo risorse per ripercorrere sempre gli stessi sentieri battuti (prosciugandone le riserve idriche) è forte…

Ecco, ho sparato su abbastanza croci rosse?

Ambulance crash

Sì Francesco, credo di sì.

Ma alla fine, cosa significa tutto questo?

Grazie Francesco per averci illuminato. Ora è tutto più chiaro, no?

Se siete arrivati in fondo e vi state chiedendo cosa cappero avete letto, proverò ad aiutarvi come posso spiegando da dove arriva la metafora.

Dopo una scorpacciata di giochi di ruolo indie e una partita a Dungeons & Dragons mi trovavo a contemplare due esperienze di gioco di ruolo fattivamente molto diverse, ma ciononostante egualmente piacevoli e degne di essere ricordate. 

Nella mia testa, serviva qualcosa che riuscisse a fornire un collegamento soggettivo tra le due esperienze. Qualcosa che, insomma, mi convincesse che mi importa il cosa (cioè giocare di ruolo) e non il come.

Potete poi leggervi una velata provocazione (probabilmente sovrastata dai proiettili di grosso calibro di Francesco) al fatto di non trattare la preparazione del modulo (né quella di chiunque altro al tavolo) come una tavola dei comandamenti, ma alla pari con i contributi degli altri giocatori.

avocado beholder disegnato a mano
Recentemente ho deciso di imparare a disegnare: temo che sarà una croce che a volte condividerò con voi, come in questo caso. 10 punti a chi capisce cosa è!

Questo articolo è un po’ diverso dal solito, ma è anche un tipo di articolo che ho sempre voluto provare a scrivere. Credo che dipenda da voi se ce ne saranno altri o meno.

Grazie come sempre,
Edoardo (e Francesco)

Di Edoardo Cremaschi

Edoardo è un unicorno che si crede un informatico. Quando non è impegnato a capire cosa un informatico esattamente faccia, divide il suo tempo tra serie Tv, Giochi di Ruolo e Game Design. Edoardo sa essere entusiasta al limite della pedanteria per le cose che trova belle: ottima cosa per un blogger, ottima scusa  per non ascoltarlo quando parla di persona.

4 risposte su “Ceci n’est pas un Avocado”

Che dire? Grazie per la citazione e per i complimenti.

Aggiungo un pezzettino di discorso. Non mi stupisce per nulla che sia possibile giocare e trovare piacevoli sia dei giochi indipendenti dal design coerente sia un modulo per il gioco di ruolo che fa più incassi al mondo. Infatti, l’esperienza proposta dal secondo può essere resa coerente al tavolo dai giocatori, e uno dei modi possibili per farlo è quello che hai spiegato tu. Non penso che il modulo in sé sia un giocatore, ma credo che l’analogia secondo la quale il modulo stesso sia quasi un sottogioco a parte rispetto al gioco base sia corretta.

La creatura del disegno sembra un Beholder, ma mi pare che esistesse una bestiaccia, in D&D, che imitava l’aspetto del Beholder con meno occhi.

Riguardo al fatto di apprezzare giochi classici, indie etc., penso che sia un discorso normale: gusti e partecipanti permettendo, si possono amare giochi molto diversi tra loro proprio perché fanno cose diverse tra loro. Ed è bello che non si tengano guerre di religione su quale gioco ce l’abbia più grosso (il set di dadi).

Nella mia testa è un Beholder, però a forma di avocado. E’ possibile che abbia lesinato sui tentacoli perché sono lunghi da fare 😀
Sono contento che per te il discorso sia “normale” 🙂

Secondo me Il Furto dei Dragoni è un EPIC FAIL!
Poi non sono d’accordo con Francesco: se si focalizza troppo, ci troviamo con dei giochi che giochi una volta sola e poi butti, ad un costo di oltre 50€. Credo che tutti si sentirebbero presi in giro. Che poi, in modo meno pesante, è il motivo per cui mi trovo meglio con FATE e Dungeon World che non con Trollbabe. Avventure in Prima Serata fa caso a sé.

Per il resto vi lascio alle vostre strane elucubrazioni di cui ho capito poco e niente 🙂

Ciao 🙂

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.