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Critica Editoriali

Spunti di dialogo per il gioco di ruolo

Capirci tra giocatori di ruolo è talvolta un’impresa. Con cinquant’anni di storia, stili di gioco differenti e comunità non sempre in buoni rapporti tra loro non stupisce che non esista un vocabolario condiviso. Trovare un terreno di dialogo comune è senz’altro una sfida alla quale non ci tiriamo indietro, in particolar modo sulle piattaforme online. Queste danno scarse possibilità di argomentazione e approfondimento ma, indipendentemente da ciò, sono uno dei luoghi virtuali di dialogo a cui è più facile partecipare e questo le rende molto attive. Ho messo insieme questa lista di spunti e consigli che mi auguro possa portarvi discussioni sempre più fruttuose e serene, arrivando al nocciolo delle vostre e altrui domande ovunque vi capiti di discutere.

Un gioco alla volta

Ecco un consiglio sempreverde: prendete un gioco alla volta. 

La convinzione che tutti i GDR prevedano lo stesso tipo di interazioni e discussioni va solo a svantaggio dei sostenitori di tale filosofia: è falso e dannoso per il gioco. Ne esistono troppi per poterli anche solo contare, figuriamoci descriverli o giocarli tutti allo stesso modo! Come nel gioco da tavolo, nei videogiochi e in praticamente qualunque altro medium, conoscere un singolo titolo a menadito non vi rende esperti nel medium stesso o in altri titoli che vi appartengono. Nessuno può pensare di esserlo di Cluedo o Risiko dopo aver giocato vent’anni a Monopoli, e lo stesso vale per il mondo del videogioco. Come si può quindi pensare di conoscere approfonditamente il mondo dei giochi di ruolo se la propria esperienza ventennale si concentra solo su Dungeons & Dragons?

Leggete ciò che vi incuriosisce e cercate giochi ed esperienze che soddisfino vostre specifiche esigenze e vi colpiscano nel profondo. È il trucco per ottenere il massimo dal tempo che dedicherete all’hobby. Provate, quindi, tutto ciò che vi è possibile, senza pregiudizi. E infine, quando parlate di gioco di ruolo online, magari in un gruppo Facebook, cercate di mantenere la conversazione su un singolo titolo: ogni volta che vengono fatte delle generalizzazioni la discussione si fa immediatamente meno chiara per tutti i partecipanti.

Ecco i prossimi vent’anni della mia attività ludica

La giusta porta d’ingresso

L’introduzione al GDR è uno degli argomenti spesso dibattuti data l’evidente necessità di rinnovare l’utenza del medium e mantenerlo un settore vivo. Molti di voi, un po’ come il sottoscritto, sono stati introdotti al GDR per mezzo di Dungeons & Dragons e affini ma è bene interrogarsi e discutere della questione in maniera puntuale se ci poniamo un obiettivo di divulgazione e mantenimento del medium. 

Distinguere un GDR introduttivo (nel mondo del gioco da tavolo li chiameremmo “gateway”) da uno pensato per un pubblico esperto non è sempre facile: gli indizi “fisici” relativi al vettore del gioco (spessore del manuale, art direction) potrebbero ingannare e sicuramente non aiutano tanto quanto provare il gioco in questione con qualcuno che ha esperienza con il medesimo. Certo, una scheda che sembra un 7-30 o un manuale da 300 pagine saranno difficilmente strumenti adatti ad un GDR introduttivo per l’eccessiva granularità e numero delle scelte da compiere, mentre una scheda con poche scelte significative o un manuale di poche pagine sono senza dubbio più approcciabili e probabilmente più facilmente applicabili. 

Le modalità di interazione e la complessità delle tematiche sono fattori determinanti. Narrare di Elfi e Orchi in un contesto fantasy con meccaniche/strumenti per il combattimento e poco altro non è così complesso come trattare di ragazzini ribelli che combattono durante l’invasione della Polonia durante la seconda guerra mondiale con una complessa griglia di spunti e dicotomie, ma è di certo più complesso di un gioco in cui si racconta le vicende sentimentali e laser di un gruppo di viaggiatori spaziali con una meccanica che bilancia soltanto questi due aspetti – gioco, che, peraltro, potete scaricare gratuitamente in Italiano. Strumenti narrativi che richiedono sottigliezze nell’applicazione possono risultare ostici, a differenza di strumenti d’interazione intuitivi basati sul dialogo e la negoziazione di un accordo.

La complessità non è un nemico da evitare a tutti i costi, ben inteso, una preferenza specifica per un genere di fiction o strumento di gioco possono sovrascrivere la complessità e rendere un gioco il perfetto strumento per l’introduzione all’hobby. Il punto fondamentale è che non si parta sempre dai titoli che dominano il mercato senza porsi domande e che non si assuma, in automatico, che questi sono l’opzione ottimale in quanto utilizzati dalla maggioranza.  

Modulo per la dichiarazione del 7-30 o geniale strumento per la scrematura dei giocatori di ruolo?

Come e perché leggere un manuale

Non c’è occasione in cui non ripeto questo mantra: quando leggete un manuale per giocarci, o anche solo per curiosità, fate lo sforzo di andare da fronte a retro e di comprendere/applicare le regole per come sono scritte. È l’unico modo che avete per capire davvero come funziona lo specifico gioco, il tipo di esperienza che mira ad offrire e stabilire se è o meno adatta a voi. 

Ciò non vuol dire che una volta capito un gioco non si possa farlo proprio e adattarlo alle esigenze dei propri compagni di gioco ma, piuttosto, che per farlo in maniera efficace è necessario sapere dove si sta mettendo le mani e aver sperimentato in lungo e in largo ciò che il medium ha da offrire.

Mi è capitato di rileggere manuali due o tre volte e trovare ad ogni lettura concetti e strumenti che avevo ignorato o non avevo capito in prima battuta. Penso all’evoluzione nel mio modo di leggere The Quiet Year, che mi ha permesso inizialmente di comprenderne le procedure e a successive letture di comprendere le motivazioni di meccaniche come il contempt e il suo utilizzo, o all’evoluzione nel mio modo di comprendere Cani nella Vigna, che di lettura in lettura ha acquisito maggiore profondità nelle dinamiche di creazione e nella mia aderenza alle direttive dell’autore.

Apocalypse World è il capostipite del genere Powered by the Apocalypse, uno dei macrosistemi più malcompresi ed applicati proprio a causa della scarsa pazienza nel leggerne le direttive.

L’accesso alle informazioni

Ai nostri tempi l’informazione viaggia rapida e onnipresente. Nonostante ciò presumere che un qualunque contenuto culturale o mediatico sia conosciuto indistintamente da chiunque è un’esagerazione. Non è granché probabile, poi, che un giocatore disponga delle competenze necessarie ad elaborare concetti che necessitano di alfabetizzazione avanzata: non tutti masticano design e teoria come pane quotidiano. 

È ancora più improbabile che chiunque abbia gli strumenti dialogici per astrarre dalla propria esperienza: quanto viene detto è di frequente una generalizzazione di esperienze dirette di gioco, espresso tramite il linguaggio del gioco in questione – non un’analisi generale basata sulla saggistica e le finezze dei singoli giochi. Cogliete perciò sempre l’occasione di chiarire, approfondire, citare e condividere direttamente ciò di cui parlate, a maggior ragione quando non state parlando con un gruppo di persone a voi vicino e familiare.

Sembrerà un surplus d’informazioni, lo capisco, ma sono saggi specifici sul gioco di ruolo come Play Unsafe di Graham Walmsley o video come Art of the playable character di Eirik Fatland che hanno migliorato significativamente il mio modo di intendere ed affrontare il gioco. 

Eirik Fatland presenta la funzione di un personaggio nel grande schema delle vicende: ha sicuramente influenzato il mio modo di vedere i personaggi che creo!

Le parole per descrivere la propria esperienza

I termini “divertimento” e “immersione” vengono spesso utilizzati. “Lo scopo dei giochi è divertire”, “Questo gioco è molto immersivo”, etc… Si tratta a tutti gli effetti di termini generici, tanto quanto potrebbe esserlo “interessante”: comunicano poco dell’effettiva esperienza vissuta in un gioco. 

Intendiamoci, è perfettamente possibile avere esperienze positive tramite il gioco associabili al divertimento o percepire che il coinvolgimento nel gioco è rafforzato dalle sue caratteristiche, ma un dialogo produttivo richiede un piccolo approfondimento di codifica affinché quel “divertente/immersivo” abbia un significato per tutti gli interlocutori.

Domandare cosa li intrattiene maggiormente dell’esperienza descritta è un perfetto punto di partenza: se sia il senso di sfida, di esplorazione, l’umorismo tipico del loro modo di giocare, la natura sociale dell’attività, la scoperta e l’esercizio della fantasia, la fuga dalla realtà e la possibilità di sperimentare dure conseguenze in un mondo immaginato, l’aspetto emotivo struggente del narrato, ecc… Approfondire con gli elementi del gioco li hanno fatti sentire parte del mondo immaginato è altrettanto utile: se sia la fantasia condivisa, i materiali di gioco, l’ambiente, etc…

Spesso otterrete risposte generiche e dovrete fare ulteriori domande per arrivare effettivamente al nocciolo di ciò che li ha intrattenuti o coinvolti ma il risultato sarà una comprensione piu’ profonda della varietà di esperienze e desideri dei giocatori. 

Se ritenete utile avere strumenti dialogici più profondi per descrivere le vostre esperienze ascoltate la talk tenuta da Francesco Rugerfred Sedda alla conferenza Knudepunkt 2019 e vi farete sicuramente un’idea di cosa può funzionare per voi. Potete approfondire ulteriormente dando un’occhiata al modello dei “Player Motives” di McDiarmid (2011) pubblicato nel Wyrdcon Companion Book 2011: Branches of Play e alla ricerca di Gordon Calleja sull’incorporazione.

Il modello di Calleya. Definire il modo in cui il gioco vi fa sentire coinvolti vi aiuterà a porre l’accento su caratteristiche specifiche dello stesso per presentarlo ad altri.
Un elenco in breve dei Player motives di McDiarmid. Definire cosa desiderate vi aiuterà a descrivere come il gioco ha saputo soddisfarvi o meno.

L’argomento di un gioco e come viene trattato

I giochi di ruolo parlano in moltissimi modi: a partire dal comparto artistico, che suggerisce le note di colore che facilmente vi hanno convinto a comprarlo, e proseguendo con il setting descritto, il tono incoraggiato, le tematiche esplorate e gli eventuali messaggi emergenti. È raro che in una discussione online si trovi una descrizione approfondita di tutti questi elementi, per questioni di praticità, e spesso si legge addirittura di giochi/sistemi “generici” per evidenziare l’assenza di un setting, come se il regolamento non avesse alcun impatto su quanto perseguibile tramite il gioco. Comprendere veramente ognuno di questi aspetti funziona come una lente tramite cui fare luce sulle caratteristiche del gioco. L’analogia con il medium cinematografico può aiutarvi a comprendere questo concetto. 

In Star Wars Episodio IV: Una Nuova Speranza 

  • Ambientazione: una guerra stellare che coinvolge tutta una galassia
  • Tema: la lotta del bene contro il male e la lotta ai totalitarismi
  • Tono: western, narrativa epica/mistica
  • Messaggio emergente: la necessità che persone oneste prendano in mano la situazione. 

Per capirvi meglio potreste chiedere ai vostri interlocutori quali sono i punti fermi dell’ambientazione, quali siano i sottotesti tematici del gioco (e cioè, quali tematiche sono esplorate dalla fiction di gioco e dall’interazione con le meccaniche) o il tono auspicato dal gioco per parlarne. È un tipo di discussione davvero complesso e spesso la controparte non avrà la pazienza di esplorare a fondo ogni singola componente. 

Per farvi un’idea in merito a cosa potreste aspettarvi in risposta potete fare una ricerca nelle risorse per scrittori a proposito di cosa si intenda per setting e tema, potete dare un’occhiata allo strumento dei CATS di Patrick O’Leary  e al loro utilizzo nel contesto di The Gauntlet (per un ottimo esempio di come sono applicati leggete Brindlewood Bay!) o al sito di Brenda Brathwaite a proposito di “mechanic is the message”. Infine, soprattutto nel caso in cui un tema o il tono con cui viene trattato non sembrino appropriati per un gioco, potete ascoltare ad una di queste due conferenze: This might sting a little e You can’t make a game about that

Ambientazione: treni – Tema: campi di concentramento

Quando poi la discussione riguarda l’esperienza di gioco una domanda fondamentale è a proposito delle modalità con cui le meccaniche e le dinamiche (cosa succede al tavolo da gioco e nella conversazione) portano a quella specifica esperienza. In questo caso è bene precisare un dettaglio importante: se le regole non impediscono attivamente di introdurre un certo contenuto, non vuole che implicitamente lo supportino, vuol dire solo che non lo vietano (è diverso!). Questa discussione è di sicuro interesse anche per chi si occupa della progettazione di nuovi giochi. 

Val la pena di dare un’occhiata ai riferimenti teorici per eccellenza a proposito di cosa si intende per meccaniche, dinamiche ed estetiche del gioco (gli elementi che assieme creano l’esperienza): il modello MDA di Hunicke, LeBlanc e Zubek e il più recente DPE (Winn, 2008), che aggiunge anche un’analisi degli scopi/contesti dell’esperienza.

La rappresentazione del modello DPE (Design, Play, Experience) di Winn (2008)

Ho un problema con…

Sembrerà una banalità ma non lo è, e tanti tendono a dimenticarlo col tempo, se dovete discutere di problemi che state affrontando nell’attività di gioco di ruolo chiedetevi a che livello si collocano. Il GDR è un’attività sociale: giocare insieme richiede cooperazione, unione d’intenti, capacità di compromesso e sensibilità. Di questa concezione del gioco fanno parte concetti quali il Contratto Sociale (che racchiude tutti gli accordi espliciti e impliciti tra i giocatori) e l’allineamento d’intenti creativi (cosa i giocatori cercano di ottenere a livello esperienziale e cosa si ripromettono di evitare). 

Ognuno di questi elementi necessita di considerazioni separate e, soprattutto, i problemi di ogni ambito dovrebbero essere risolti nel contesto che gli compete. Se “i miei compagni di gioco trattano qualsiasi PNG che incontrano come carne da macello” è una questione risolvibile a livello di intenti, “I miei compagni di gioco passano buona parte della sessione al telefono” o “Il master/facilitatore favorisce uno degli altri giocatori al tavolo a sfavore di tutti gli altri” sono chiaramente problematiche sociali e “Siamo in disaccordo su quale regola applicare nella specifica situazione di pericolo per il mio personaggio” è una questione spesso risolvibile a livello regolistico. 

Chiedete ai vostri interlocutori di collocare il problema nell’appropriato contesto o suggerite una collocazione appropriata nel caso decideste di dare un suggerimento per la risoluzione. La cosa importante, in questo caso, è che i vostri interlocutori comprendano da sé la distinzione per evitare spiacevoli malintesi e contrasti altrimenti facilmente evitabili. Date inoltre un’occhiata alle sezioni sul Social Contract (ovvero il “contratto sociale”) e sulla Creative Agenda nella wiki del Big Model per basi teoriche su questi concetti.

modello del big model
Lo schema generale del Big Model. Probabilmente ne avete sentito di parlare e avete qualche forma di disaccordo con quanto proposto, ma i singoli concetti sono spesso solidi ed estremamente informativi.

Infine, adottare strumenti di supporto (per esempi codificati informatevi su x-card, linee e veli, etc – anche noti come meccaniche di sicurezza) è una forma di rispetto per voi stessi, per i giocatori al tavolo e per l’attività che intraprendete tramite il gioco di ruolo. Non è una questione di bravo gruppo o di bravo master o, ancora, di “buon senso” ma di permettere ad ognuno d’esprimersi in un contesto tranquillo e di rispetto reciproco. Insomma, uno strumento in più per trattare alla radice, e in corso, i problemi che insorgeranno in gioco. 

È assolutamente possibile che nessuno al tavolo abbia bisogno di codificare degli strumenti di supporto, ci sta, ma sappiate che codificarli ne normalizza l’utilizzo e ne favorisce la discussione in misura maggiore che trattarli come pratiche universali di buonsenso. 

Uno schema riportante alcune delle Tecniche di Supporto più in voga al momento. Potreste prendere ispirazione per la vostra prossima campagna di gioco!

Conclusioni

Ecco qua: spero di cuore che abbiate trovato tra queste righe dei consigli e strumenti utili per le vostre attività ludiche e conversazioni. Ora cosa farne sta a voi, sperando di vederci e affrontare presto discussioni complesse tra i commenti di un nostro articolo o di un post, ciao!

5 risposte su “Spunti di dialogo per il gioco di ruolo”

Giusto un appunto: il Big Model ha un sacco di difetti. Vero che esistono i Contratti Sociali e gli Intenti Creativi, ma le sue classificazioni sono ai miei occhi errata. Primo fra tutti, il fatto che presuppone che chi ha un intento non può averne altri. A chi piace la Sfida odierà Narrare e Simulare, a chi piace Narrare non interesserà Simulare e la Sfida, a chi piace Simulare non piace la Sfida ed il Narrare. Per esperienza diretta posso dire che non è vero! A riprova del fatto vanno per la maggiore i GdR che cercano di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte che non quelli perfettamente settoriali. Non solo, le sue classificazioni di Intenti Creativi contengono palesi errori. Mentre Step On (=Sfida) è abbastanza ben definito, lo Story One (=Narrare) è troppo limitato, venendo a coprire solo una piccolissima parte degli Intenti Creativi; all’opposto il Right to Dream (=Simulare) comprende tale e tanta di quella roba che ci sono cose che potrebbero piacere ad alcuni e potrebbero essere odiati da altri. Insomma il Big Model è stato buono per essersi accorto delle cose ma (come quasi tutta la roba di The Forge) da esse ha tirato fuori conclusioni sbagliate.

Ciao 🙂
PS: E no, Guerre Stellari non è Western!

Ciao Red Dragon, grazie come sempre delle tue considerazioni.

Ci tengo a precisare che la menzione del Big model vuole porre l’evidenza sui diversi livelli delle problematiche riscontrabili nell’attività di gioco, non discutere della sua validità in toto, che richiederebbe una trattazione ben piu’ approfondita e complessa. Trovo che quelle pagine della wiki (Creative agenda e Social Contract), presentino i concetti con un buon grado di chiarezza e pertanto ci tenevo a citarle.

Ora, per quanto riguarda le Creative agenda temo che la tua interpretazione sia poco corretta: si parla specificamente di “priorità”, non di disposizioni mutualmente esclusive. Sul fatto che quelle tre non siano sufficenti a racchiudere tutto lo spettro delle agende possibili mi trovi d’accordo non a caso poco sopra nell’articolo, quando parlo di parole per descrivere l’esperienza, menziono il modello di McDiarmid sui Player Motives che mi è decisamente piu’ congeniale.

Sulla questione Star Wars sappiamo bene entrambi che si tratta di un pastiche di generi: quando parlo di tono non lo sto collocando nel western tanto per fare ma specificando il fatto che per Lucas western ed epica letteraria siano forti ispirazioni (solo due delle tante, ho scelto a mio gusto). Il tipo di trope utilizzati, il linguaggio cinematografico e la struttura della storia hanno elementi tonali legati alla fantascienza, ai western, ai film di samurai, all’epica cavalleresca, etc…

Grazie ancora per la lettura e alla prossima,
Francesco

Ciao! Ne approfitto per chiederti di cambiare il colore dei link: rosso scuro su nero io non li leggo. Appena ho un po’ di tempo, mi vado a leggere il modello di McDiarmid perché non lo conoscevo 🙂
Grazie

Ciao 🙂

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