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I Viaggi Straordinari, la recensione

Dall’anno scorso si è affacciata sul panorama ludico una nuova, piccola, etichetta. Un’etichetta che mi fa sentire fiero perché tutta sarda: la Origami edizioni. Alla Lucca del 2017 hanno esordito con due giochi basati su Fate, Dies Irae e Multiverse Ballad, scritti da due nomi d’eccezione, rispettivamente Mauro Longo, molto famoso nel panorama gdr-istico nostrano, e Andrea Atzori, scrittore di tanti e amatissimi romanzi fantasy ambientati nella Sardegna di età nuragica.

Quest’anno la giovane etichetta sarda non vuole essere da meno e lancia sul mercato altri due nuovi titoli, entrambi scritti da Fabio Attoli: I viaggi straordinari, un PbtA (Powered by the Apocalypse) molto snello ispirato ai racconti di Verne e scritto assieme alla co-autrice Eleonora Guggeri, e Gothia, un altro gioco basato su Fate. Oggi mi va di puntare i riflettori su I viaggi straordinari e parlarvene in maniera approfondita.

All’epoca di Verne

Come suggerisce il nome stesso, I viaggi straordinari si ambienta durante l’epoca delle grandi esplorazioni del 1800 e si ispira alle opere immortali di Jules Verne (20.000 leghe sotto i mari, Il giro del mondo in 80 giorni, Viaggio al centro della Terra, ecc.). Come novelli esploratori ci imbarcheremo in un viaggio epico alla ricerca di antiche civiltà, mondi perduti, tesori dimenticati e prove per qualche nuova teoria scientifica. Il manuale non spende troppo tempo a descrivere l’epoca di riferimento, ma si limita a dare una veloce panoramica per entrare nella giusta ottica e suggerisce di iniziare l’organizzazione della vostra esplorazione in qualche città come Boston, Londra o Torino.

Il professore è uno dei “libretti” tra cui scegliere

Come in quasi tutti i PbtA, dovremo scegliere uno dei  9 libretti (in realtà classi, mancando una scheda di tipo libretto), tutti arricchiti da illustrazioni carine, che, a una prima occhiata, appaiono abbastanza tematici (a parte una grossa ridondanza tra Studioso e Professore), ma che a un’esplorazione più attenta presentano giusto un paio di mosse dedicate che, per quanto in linea con il minimalismo di tutto il gioco, non risultano troppo focalizzate sull’esplorazione.

In realtà questo è in parte lo stesso problema che attanaglia anche tutte le mosse base. Si vede che sono state prese di peso da altri PbtA, principalmente Dungeon World, e per quanto abbiano un certo accento sull’azione, sono così generiche da poter funzionare in praticamente ogni contesto. Sinceramente avrei pensato a meccaniche più focalizzate sul tipo di fiction di riferimento, cosa che invece non è così presente come sarebbe da aspettarsi.

Trattandosi di un PbtA, però, i veri problemi sono altri e sono tutti legati alla filosofia di fondo di questo filone di design. Ad occhi meno esperti, i PbtA possono sembrare giochi abbastanza classici caratterizzati solo dalle mosse e da una certa semplicità meccanica; in realtà, alla base di tutto il design soggiace una filosofia molto importante: le meccaniche devono sempre partire dalla fiction e impattare sulla stessa, cambiandola, perché si gioca per scoprire cosa succederà e niente deve rimanere statico; non è un caso che i giochi che afferiscono a questa categoria abbiano fatto del fail forward il loro grido di battaglia. Inoltre, in tutti i PbtA il GM deve sempre seguire dei principi, tra cui “dire sempre cosa onestà richiede” ed “essere un fan dei personaggi”. Nessuno scrive una storia, perché tutto nasce dalla conversazione tra GM e giocatori e da come le mosse si inseriscono in essa. Gli attivatori delle varie mosse sono pensati per ricreare determinati momenti tematici e restituire narrazione focalizzata, in maniera fluida, direttamente durante la conversazione e il botta e risposta tra GM e giocatori.

Ostacoli e Problemi

Il problema di fondo de I viaggi straordinari è il suo voler essere un PbtA senza abbracciarne la filosofia. Innanzitutto, le mosse non sono arene tematiche di conflitto, come dovrebbe accadere in un PbtA, bensì semplici abilità con regole dedicate. Non sono lì a inserire qualcosa di nuovo nella fiction, ma a sancire se un’azione sia riuscita oppure no. Questo si nota molto bene nei risultati 7-9 e, specialmente, nei 6-, ossia i fallimenti. Il fallimento dei PbtA non è quasi mai indicato dalle mosse e non è detto sia un vero fallimento, perché il GM dovrebbe usare una “mossa dura” atta a inserire qualche cambiamento (in peggio) nella situazione. Qua invece il 6- è quasi sempre un “non ci riesci”, solo declinato in maniera diversa da mossa a mossa. Per fare un esempio tra tanti, la mossa “Prendere la mira” recita:

Quando vuoi prendere la mira tira +ATLETICA. Con 10+, colpisci il bersaglio o il tuo avversario. Con 7-9, hai colpito il bersaglio o il tuo avversario ma qualcosa è andato storto. Con 6-, hai mancato il bersaglio.

Explorer
Ovviamente, non manca nemmeno il classico esploratore.

A parte la fumosità dell’esito 7-9 (cosa significa che qualcosa va storto?), il 6- è proprio un miss. Si vede che questa mossa è stata scritta alla stregua di un tiro per colpire. È una mossa che di per sé non crea fiction e non spinge la narrazione verso qualche direzione tematica.

Un altro enorme problema è la gestione delle informazioni tra GM e giocatori. I PbtA si basano sempre sull’onestà e sul non nascondere informazioni ai giocatori, mentre I viaggi straordinari presenta quest’eventualità addirittura tra gli esiti di alcune mosse (il 6- della mossa “Rivelare conoscenze” recita: “Con 6-, il GM ti dirà qualcosa di interessante e qualcosa di inutile, sta a te capirlo”). Questo mina alla base alcune dinamiche, come la proattività dei giocatori (se temo che il GM mi possa mentire, agirò sulla difensiva e prenderò meno iniziative, che è quello che non si dovrebbe mai fare in un PbtA).

Infine, tutta la parte del GM  è mancante. La sua gestione prevede solo una manciata di pagine del manuale: mancano del tutto i principi, le mosse del GM sono scritte come consigli, più che azioni, e sono cose del tutto stonate in un PbtA (tipo: scrivi un enigma e presentalo ai giocatori); infine, viene espressamente detto al GM di preparare l’avventura, che è una delle cose da evitare quando si gioca (o scrive) un PbtA.

Quindi com’è “I Viaggi Straordinari”?

Quindi I viaggi straordinari è un pessimo gioco? No. Di sicuro è un pessimo PbtA, questo indubbiamente, ma se preso come un gioco tradizionale più snello della media, funzionale e con un appeal intrigante, il gioco risulta discretamente interessante, con qualcosa da dire. Con un GM che ami la fiction di riferimento, quindi in grado di far risaltare le storie alla Verne, non ho dubbi che I viaggi straordinari riesca a riempire qualche serata di gioco in maniera snella e intrigante. Non aspettatevi un gioco da mega campagna, perché non è pensato per avere una grande longevità, ma ha quello che serve per creare buona azione, buone atmosfere e un certo grado di scorrevolezza, cosa che per molti giocatori è quanto basta per elevare un gioco al rango di “buon” gioco. Ci tengo a dirlo perché credo che il gioco possa dire la sua, ma abbia semplicemente scelto il target sbagliato per farlo. Se cercate invece un gioco dal design studiato e calibrato, beh, direi che dovreste cercare altrove.

Finisco questa panoramica facendovi partecipi di un problema che spero gli autori siano riusciti ad aggiustare. Quando mi hanno gentilmente mandato una copia pdf da recensire ho notato alcuni paragrafi ambigui e sono corso a farlo presente agli autori stessi, che si sono detti subito pronti ad aggiustare quelle parti di testo. L’ambiguità sta in alcuni passaggi un po’ sessisti che non citerò, perché credo gli autori siano già riusciti a correggerli. Se ciò non fosse avvenuto, per colpa dei tempi ristretti per Lucca, sappiate che si tratta di sviste causate dall’ingenuità e non di un pensiero veramente sessista. Gli autori mi sono sembrati tutto tranne che sessisti e ci tengo a spezzare una lancia in loro favore.

Chiudo con un mio piccolo parere personale: nonostante i palesi difetti del titolo, mi sento comunque di fare un plauso enorme agli autori e agli editori. Si sono messi in gioco con il cuore, venendo da una realtà, quella isolana, piccola e non troppo ricca per quanto riguarda il gioco di ruolo (ve lo dico da sardo). Invece di proporre design vecchi e ritriti, hanno deciso di lanciarsi sul nuovo, facendo di Fate e dei PbtA un trampolino per le loro idee e le loro passioni. Al di là di quanto possa essere riuscito o meno un singolo prodotto, io tifo per Origami edizioni e spero che in futuro possa proporci ancora più idee e passione.

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